The Collector of Lives: Giorgio Vasari and the Invention of Art by Noah Charney & Ingrid Rowland

The Collector of Lives: Giorgio Vasari and the Invention of Art by Noah Charney & Ingrid Rowland

autore:Noah Charney & Ingrid Rowland [Charney, Noah & Rowland, Ingrid]
La lingua: eng
Format: epub
Tags: Artists; Architects; Photographers, Biography & Autobiography
ISBN: 0393241319
Google: K0lvDwAAQBAJ
Amazon: B06XNJMB2W
editore: W. W. Norton & Company
pubblicato: 2017-10-03T00:00:00+00:00


XV

SIMBOLI E CAMBIAMENTI DEL GUSTO

Michelangelo Buonarroti, l’eroe di Vasari, nacque in una famiglia appartenuta un tempo alla piccola nobiltà di Firenze, status che tuttavia aveva perduto. Suo padre aveva lavorato in svariati uffici pubblici, soprattutto nella cittadina di Caprese, prima di tornare nella città medicea. Mentre la maggior parte degli apprendisti cominciava a lavorare intorno agli otto anni, il giovane Michelangelo non iniziò che a tredici. I mestieri artigianali non erano certamente i preferiti dagli ex aristocratici Buonarroti. Ma infine il ragazzo fu accettato nella bottega del maggiore pittore dell’epoca, Domenico Ghirlandaio. Anche se firmò per restarvi tre anni, la lasciò dopo uno soltanto. Il suo primo biografo autorizzato, Ascanio Condivi, sostiene che se ne andò perché non aveva più niente da imparare. Vasari lo conferma: «Lavorando Domenico la cappella grande di Santa Maria Novella» scrisse «un giorno che egli era fuori, si misse Michelagnolo a ritrarre di naturale il ponte ... Per il che tornato Domenico e visto il disegno di Michelagnolo, disse: “Costui ne sa più di me”».1 Nonostante la tendenza dominante in Toscana a considerare Firenze e Roma i due centri del mondo dell’arte, Michelangelo imparò anche da maestri stranieri. Vasari racconta come, adolescente, avesse visto una famosa stampa dell’incisore tedesco Martin Schongauer, Sant’Antonio tormentato dai demoni, e, preso da ammirazione, l’avesse copiata diligentemente, prima a penna, poi a pennello e colori.

All’epoca, Lorenzo il Magnifico aveva chiamato a sovrintendere alla collezione di antichità dei Medici un anziano scultore (già allievo di Donatello), Bertoldo di Giovanni, chiedendogli di fare qualcosa per stimolare l’arte della scultura, che dal tempo del maestro, oltre una generazione prima, mancava di una figura dominante. Bertoldo chiese a Ghirlandaio se qualcuno dei suoi allievi mostrasse talento per quell’arte, e Ghirlandaio fece il nome di Michelangelo, che fu quindi invitato nella cerchia di Lorenzo il Magnifico, un onore particolare, perché si accompagnava all’accesso alla collezione di statuaria antica dei Medici. Fu Bertoldo a insegnare a Michelangelo le basi di quella che sarebbe divenuta ben presto la sua arte preferita. Egli amava anche disegnare, ma per tutta la sua lunga vita si sarebbe lamentato di dovere dipingere. L’ossessione per la scultura, specialmente in marmo, risaliva a suo dire alla prima infanzia, passata fra le pietre delle montagne sopra Firenze. Michelangelo raffinò la sua tecnica buttando giù schizzi delle antichità della collezione medicea e di opere di suoi contemporanei più anziani. Ancora adolescente, era già tanto sicuro di sé da apparire presuntuoso. Quando, mentre stavano disegnando gli affreschi di Masaccio nella cappella Brancacci, derise un compagno apprendista, Pietro Torrigiano, questi posò il carboncino e gli sferrò un pugno in faccia, rompendogli il naso, una deformazione ben visibile in tutti i ritratti del grand’uomo che ci sono rimasti (compreso l’autoritratto di san Bartolomeo con in mano la sua pelle nell’affresco del Giudizio universale).

Il racconto di Vasari dell’incidente ne attribuisce la colpa a Torrigiano, omettendo ciò che Michelangelo aveva fatto per provocarlo:

Dicesi che il Torrigiano, contratta seco amicizia e scherzando, mosso da invidia di vederlo più onorato di lui



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